Arya di Masala

Cucina indiana, spezie e cultura.

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Autore: alessandra.finocchio Pagina 2 di 3

Cabbage Thoran, il cavolo cappuccio*

Il cavolo cappuccio è un ingrediente apprezzato a tutte le latitudini. Ne esistono diverse varietà e si trova praticamente in tutte le stagioni. Si può consumare crudo a insalata oppure cotto in diversi modi: bollito, al vapore, al forno o fermentato. Povero di calorie e colesterolo, ricco di proteine e fibre è un ottimo alleato della salute.

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Oggi vi illustrerò una ricetta semplice e gustosa, un curry a base di cavolo, nella ricetta keralese che è inclusa nell’ ONAM SADYA, il piatto tradizionale della festa più importante dello stato del Kerala di cui vi ho parlato qui: https://aryadimasala.wordpress.com/2019/01/02/avial-mix-di-vetatali-e-cocco/

INGREDIENTI PER 4/6 PERSONE

-1 CAVOLO DI MEDIE DIMENSIONI

-1 CIPOLLA MEDIO/GRANDE (o in alternativa 4/5 scalogni) FINEMENTE TRITATA

-10/12 FOGLIE DI CURRY

-1 CUCCHIAINO DI SEMI DI SENAPE NERA

-1 CUCCHIAINO DI SEMI DI CUMINO

-1 PIZZICO DI ASSAFETIDA

-1 PEPERONCINO VERDE FRESCO

-1/2 CUCCHIAINO DI CURCUMA IN POLVERE

-1/2 MEZZA TAZZA DI COCCO GRATTUGGIATO FRESCO (in alternativa potete usare cocco essiccato non dolce)

-2 CUCCHIAI DI OLIO DI COCCO

-SALE Q.B.

PREPARAZIONE

Lavate il cavolo e sminuzzatelo finemente. Potete anche usare una grattuggia se vi resta più comodo.

In una padella o wok, mettete a scaldare l’olio di cocco, aggiungete i semi di senape nera e aspettate che iniziano a crepitare. A questo punto aggiungete il cumino e soffriggete fino a che i semi non si saranno colorati. Quindi inserite la cipolla tagliata finemente e aiutandovi con un cucchiaio di legno o di metallo, soffriggete finché non diventa traslucida. Quindi aggiungete il peperoncino tritato e le foglie di curry e lasciate rosolare per un minuto, poi la curcuma e l’assafetida e soffriggere ancora pochi secondi. A questo punto inserite il cavolo e aggiustate di sale, continuando a girare e lasciando rosolare per pochi minuti.

Coprite la pentola e lasciate soffocare a fuoco lento, mescolando di tanto in tanto. Se vedete che il cavolo si asciuga troppo, aggiungete appena mezzo bicchiere di acqua, o anche meno, coprite e continuate a cuocere.

Solo quando il cavolo sarà cotto potete aggiungere il cocco grattuggiato mescolando bene e cuocendo ancora per 2/3 minuti. In caso in cui il contenuto risulti essere ancora umido, lasciare sul fuoco ancora un pochino fino al completo assorbimento del vapore.

A fine cottura si può guarnire con qualche foglia di coriandolo fresco a piacimento.

Potete servire con riso bianco oppure pane chapati.

*Ricetta dedicata a Roberta che segue i miei corsi di cucina e il mio Blog <3

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Onam Sadhya: il piatto della festa tradizionale del Kerala.

Lo Zenzero: la radice curativa

Lo zenzero, un tempo, era una pianta comune anche sulle tavole d’Europa. Con la caduta dell’Impero Romano, l’occidente perse l’abitudine all’utilizzo di questa radice dai grandi potere curativi.  Alcuni etimologisti ritengono che l’origine del nome Zingiber (da cui zingiber officinalis) derivi dall’espressione araba Zind-schabil, il cui significato è radice.

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L’antica medicina cinese e quella Ayurvedica indiana hanno studiato a fondo le proprietà e i benefici di questa radice che, al pari della curcuma, trova il suo impiego sia in cucina che nella cura di piccoli e grandi malanni. Utilizzato sia fresco che in polvere è uno degli ingredienti principali del Rasam e del Sambar, varietà di zuppe che condiscono il riso quotidiamente consumato nelle case degli indiani del sud. Insaporisce curry e pesce, ma fresco in infusione o nel chay è un potente alleato per combattere raffreddori stagionali.

Lo zenzero è una pianta erbacea delle Zingiberaceae (stessa famiglia del cardamomo) originaria dell’Estremo Oriente, anticamente era detta anche gengiovo. Coltivata in tutta la fascia tropicale e subtropicale, è provvista di rizoma carnoso e densamente ramificato dal quale si dipartono lunghi fusti sterili e cavi, formati da foglie lanceolate e fiori giallo-verdastri con macchie porporine. Il rizoma o radice, ha una particolare forma tozza e irregolare di un colore tendente al beige. Conosciuto con il nome inglese di Ginger, è una pianta erbacea perenne, alta circa 90 cm, con un fusto sotterraneo che nasconde i rizomi da cui nascono i fusti. Dall’aroma caratteristico e il sapore piccante, nella sua radice si trovano l’olio essenziale, la gingerina, lo zingerone, resine e mucillagini. Originario prevalentemente dell’India e della Malesia, lo zenzero sviluppa meglio in climi tropicali, con alte temperature e umidità, ma anche da noi non è così difficile far attecchire una pianta sia in terra che in vaso, purché abbia abbastanza spazio per svilupparsi in larghezza. Se volete provarci prendete un rizoma e piantatelo sotto terra a pochi centimetri dalla superficie. Innaffiatelo spesso ma con poca acqua, potete anche nebulizzarlo con acqua per ricreare l’umidità tipica dei suoi paesi di origine. In inverno bisogna avere l’accortezza di proteggerlo dalle basse temperature che possono danneggiarlo.

Le sue proprietà curative sono a beneficio sopratutto dell’apparato digerente, ma non solo. La parte medicinale che è proprio il rizoma, favorisce la digestione in particolare di carboidrati e proteine, contribuendo alla riduzione di gas intestinali. Lo zenzero  contribuisce a riequilibrare la flora batterica e la sua azione contrasta gli effetti di colite, diarrea e stitichezza. Ha inoltre proprietà antispasmodiche, riguardo a dolori muscolari e di stomaco, ed è un potente alleato in casi di inappetenza. Ma le sue azioni stimolanti non si limitano solo alla sfera digerente. Ad esempio è una grande fonte energetica in caso di affaticamento e usato con regolarità, è un valido sostegno nel trattamento di sintomi legati alla perdita della memoria. Noto anche per il suo effetto antiemetico, è efficace anche in malesseri come il mal d’auto o il mal di mare, ma anche nelle nausee legate alla gravidanza.

Alcuni studi hanno messo in evidenza la sua azione protettiva e lenitiva contro l’infiammazione della mucosa gastrica e un’importante azione preventiva in caso di assunzione di farmaci antinfiammatori, nella prevenzione di ulcere. Infine ma non in ordine di importanza, la sua azione benefica nel trattamento di reumatismi e mal di testa e le sue proprietà antiossidanti.

Di recente, un gruppo di ricercatori dell’Università del Minnesota ha messo in evidenza le proprietà antitumorali di questa radice, in particolare nella funzione protettiva contro i tumori del colon-retto, con una assunzione costante quotidiana. Utilizzato dalla popolazioni asiatiche da millenni per combattere febbre e raffreddore, grazie alle sue qualità antisettiche e antinfiammatorie è di grande aiuto anche in caso di faringite, laringite e tutte le patologie legate alla gola. Essendo anche un buon anticoagulante è anche un alleato del cuore, riducendo la formazione di coaguli nelle arterie, abbassando il livello di colesterolo nel sangue e diminuendo la pressione sanguigna. Il suo utilizzo, raccomandiamo, va sempre discusso con il proprio medico di fiducia.

Lo zenzero è composto di acqua, carboidrati, proteine, amminoacidi, diversi sali minerali tra cui manganese, calcio, fosforo, sodio, potassio, magnesio, ferro e zinco, vitamine e olio essenziale.

I valori nutrizionali per 100 grammi di radice di zenzero sono questi:

  • Calorie 80
  • Grassi 0,8 g
  • Acidi grassi saturi 0,2 g
  • Acidi grassi polinsaturi 0,2 g
  • Acidi grassi monoinsaturi 0,2 g
  • Colesterolo 0 mg
  • Sodio 13 mg
  • Potassio 415 mg
  • Carboidrati 18 g
  • Fibra alimentare 2 g
  • Zucchero 1,7 g
  • Proteina 1,8 g
  • Vitamina A 0 IU
  • Vitamina C 5 mg
  • Calcio 16 mg
  • Ferro 0,6 mg
  • Vitamina D 0 IU
  • Vitamina B6 0,2 mg
  • Vitamina B12 0 µg
  • Magnesio 43 mg

Lo zenzero in cucina

Il rizoma è l’elemento che si usa in cucina, fresco grattuggiato o essiccato ridotto in polvere. Spezia dal sapore gradevole e leggermente piccante, è utilizzato nei piatti a base di pesce, carne e verdure. Trova altresì una importante applicazione anche nella preparazone di torte e biscotti. Uno su tutti i famosi biscotti al pan di zenzero tipici del periodo natalizio nel mondo anglofono. Con lo zenzero si preparano anche decotti e tisane, soprattto digestive. Talvolta se ne usano anche germogli, foglie e infiorescenze e si possono consumare crude o cotte.

Lo zenzero è anche impiegato nella preparazione di una famosa bevanda, il ginger, i cui principali produttori sono ovviamente India e Cina. Nell’antichità gli indiani usavano masticare zenzero quale purificatore dell’alito prima di cerimonie religiose, poiché, con la bocca purificata potevano cantare e parlare agli dei.

Per beneficiare a pieno delle sue proprietà si consiglia di non assumere più di 15/20 gr di rizoma fresco o 3/4 gr di radice secca in polvere al giorno, per evitare l’insorgere di fastidiosi disturbi intestinali. Un infuso preparato con 10 gr di radice fresca (o 1 grammo di quella in polvere) bollito in acqua è una delle maniere per assicurarsi tutti i benefici di questa straordinaria pianta.

Potete usarlo per dare un tocco di originalità al vostro thé, oppure nella preparazione di succhi, frullati e centrifugati, oltre che abbinato a varie pietanze e ovviamente alle ricette della cucina indiana che vi esporrò via via in questo blog, dove lo zenzero è uno dei padroni di casa in assoluto. Facilmente reperibile nei banchi di ormai quasi tutti i supermercati, vi consiglio di acquistare sempre uno zenzero biologico e di conservarlo in frigo, nel reparto verdure e frutta. Non fatevelo mai mancare in casa perché se iniziate ad usarlo non ne farete più a meno.

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Lady’s Fingers Saltate

Le Lady’s fingers o Okra, meglio conosciute come Gombo in italiano, sono una specie appartenente alla famiglia delle Malvacee, vicina alla famiglia degli ibischi. Originaria dell’Africa tropicale, è coltivata anche in zone subtropicali, in particolar modo in Asia e, particolarmente usata nella cucina indiana, oggi trova posto anche sulle tavole di mezzo mondo, essendo coltivata persino in Italia, tra Puglia, Sicilia e Toscana.

Ricco di proprietà antiossidanti e di fibre, il Gombo ha qualità curative in quanto, consumato in modo costante, è in grado di abbassare il livello di colesterolo cattivo e ridurre gli zuccheri nel sangue. Può essere un valido aiuto anche per chi soffre di problemi di stitichezza e aiuta chi ha problemi di vista. Sconsigliata invece l’assunzione per chi ha problemi di diabete e prende medicine specifiche. Se vi volete cimentare nella coltivazione casalinga, i semi facilmente reperibili in commercio si devono piantare in primavera e aspettare un mese e mezzo o due per raccogliere i primi frutti.

Il sapore dell’Okra non è particolarmente riconoscibile. Il gusto è delicato e la sua consistenza gelatinosa, ed è adatto a chi non ama sapori forti ed ha un palato particolarmente sensibile. Le foglie si possono assumere anche crude per arricchire le insalate.

La ricetta che vi illustrerò oggi proviene come sempre dalla tradizione keralese e vede l’utilizzo della pentola a pressione, che nella cucina indiana è usata quotidianamente.

Ingredienti per 4/6 persone

-10 LADY’S FINGER MEDIO PICCOLE

-3 CUCCHIAI DA TAVOLA DI OLIO DI COCCO O GHEE

-2 SCALOGNI

-1 CUCCHIAIO DA TAVOLA ABBONDANTE DI PEPE NERO IN GRANI

-2 CM DI CANNELLA

-4 PZ DI CHIODI DI GAROFANO

-MEZZO CUCCHIAINO DI ANICE IN SEMI

-SALE Q.B.

Metodo di preparazione

Pulisci le verdure rimuovendo la cime dure e lasciando l’apertura dall’alto. Si possono anche incidere un pochino per permettere una migliore lavorazione.

Macina insieme lo scalogno, il pepe in grani, la cannella, i chiodi di garofano e i semi di anice in maniera uniforme, aiutandoti con un minipimer.

Applica la pasta ottenuta mischiandola con il sale, dentro e fuori le lady’s fingers facendolo con attenzione, per fare in modo che penetri anche internamente.

Così pronte, mettile a cuocere nella pentola a pressione per 2/3 minuti. Non necessitano dell’aggiunta di acqua, ma se proprio vuoi usarla, fai in modo che sia appena un velo: i Gombi devono rimanare croccanti.

Nel frattempo scalda in padella l’olio di cocco o il ghee. Aggiungi i gombi e saltali per un altro paio di minuti.

Trasferisci su un piatto di portata e servi con riso o pane.

 

IL PEPERONCINO

Se avete mangiato un piatto indiano nella vostra vita, saprete sicuramente che il peperoncino è presente praticamente ovunque. Ma a dispetto di quello che si possa pensare il peperoncino non è una spezia autoctona. Fu introdotta dai portoghesi, prelevandola in sudamerica nel XVI sec. e piacque così tanto agli indiani che ne sono diventati  i primi produttori e consumatori al mondo.

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Anche nell’area mediterranea il peperoncino è largamente utilizzato, sia in cucina che per scongiurare il malocchio, in India come in Italia, appeso sull’uscio di casa con del lime, serve a cacciare gli spiriti maligni. Dal Messico all’India il peperoncino è universalmente riconosciuto come ricco di proprietà benefiche e anche un potente afrodisiaco. Vediamone alcune caratteristiche:

Il suo principio attivo è la capsicaicina, o capsicina, una sostanza capace di stimolare e aumentare il flusso sanguigno ed è contenuta in tutto il frutto del peperoncino. Questo elemento gli conferisce il classico sapore piccante, e può arrivare a soglie tali da creare bruciori alle mucose. La sensazione che ne deriva è letteralmente quella di “andare a fuoco”.  Ha svariati poteri antireumatici, antibatterici e stimolanti per la produzione di succhi gastrici e intestino pigro. Ricco di sali minerali, vitamine e flavonoidi la sua assunzione può aiutare a prevenire alcune patologia cardiache (rivolgersi sempre al proprio medico), poiché i suoi effetti vasodilatatori, contribuiscono a tenere la circolazione pulita, lontana dal rischio colesterolo. Uno studio condotto dall’Università di Cincinnati sui topi, ha svelato come l’assunzione di capsicaina aiuterebbe l’organismo che sta subendo un attacco cardiaco, ad aumentare in attesa dei tempi dei soccorsi, le possibilità di sopravvivenza.

Il peperoncino ha inoltre effetti positivi anche sull’azione metabolica e sul controllo del peso, bruciando i grassi ed eliminando le tossine a livelli epidermico con la sudorazione. Il consumo regolare è utile per gestire il senso di sazietà.

In molte università nel mondo si stanno inoltre studiando gli effetti benefici in alcune patologie più importanti, croniche o letali come diabete e tumori.

Ma ciò per cui è veramente apprezzato sono le sue proprietà afrodisiache. Attivando il flusso sanguigno ed essendo un vaso dilatatore, agevola la circolazione intorno ai genitali e aiuta il mantenimento dell’erezione per gli uomini e la predispone alla penetrazione per le donne favorendo la produzione di fluidi corporei.

Avial: mix di vegetali

L’Avial è una pietanza vegetariana tipica del sud dell’India, in particolare si ritiene che abbia avuto proprio origine in Kerala, ed è composta da una miscela asciutta di verdure con cocco e foglie di curry.  L’Avial è uno dei piatti della Sadhya, il banchetto della festa più importante del Kerala, l’Onam, il festival indù che ripercorre ogni anno la nascita dello stato del Kerala nella sua origine leggendaria. Si festeggia nel mese di Chingam, il primo mese nel calendario Malayalam (coincide più o meno con la fine di agosto e i primi di settembre), e celebra appunto il capodanno con carri allegorici per commemorare la figura del re Mahabali, il cui spirito ritorna ogni anno a visitare il Kerala a tempo di Onam.

Se volete approfondire vi consiglio questo link: http://www.isentieridelmondo.com/onam-il-festiva-piu-colorato-dell-india-piu-india/

 

 

Nella foto a sinistra sono con il Re Mahabali,( detto anche Maveli o Bali) e indosso il sari tradizionale di Onam; a destra siamo all’inizio dei preparativi per la festa che consistono nella realizzazione di decorazioni floreali dette pookalam.

Ingredienti per 4/6 persone

-2 CAROTE MEDIO PICCOLE

-1 PLATANO PICCOLO

-1 PATATA DOLCE MEDIA

-1 CETRIOLO PICCOLO

-1 MELANZANA PICCOLA

-DRUMSTICK (difficile da reperire si può sostituire degnamente con il nostro cardo)

-2 CIPOLLE MEDIE

-1 POMODORO MEDIO (potete usare i pelati come alternativa)

-1/2 COCCO GRATTUGGIATO (oppure 2 cucchiai pieni di cocco essiccato non dolce)

-2 SPICCHI DI AGLIO

-5/7 FOGLIE DI CURRY

-1 CUCCHIAINO DI CURCUMA IN POLVERE

-1 CUCCHIAINO DI CHILLY ROSSO IN POLVERE

-1 CUCCHIAIO DI SEMI DI CUMINO

-SALE q.b.

-2 CUCCHIAI DI OLIO DI COCCO

Metodo di preparazione

Tagliare a fiammifero le carote e il cardo,  a cubetti il platano, il cetriolo, la patata dolce e la cipolla.

Macinare grossolanamente insieme il cocco grattuggiato, i semi di cumino e l’aglio.

Nel frattempo, portare a ebollizione le verdure miste, la cipolla, il sale e il chilly in polvere in poca acqua, un paio di bicchieri al massimo. Aspettare che si ritiri e quindi aggiungere il pomodoro e finire di cucinare bene.

A fine cottura aggiungere la pasta macinata grossolanamente, precendentemente preparata e cuocere altri 2 minuti continuando a mescolare.

Aggiungere l’olio e le foglie di curry, lasciare riposare e servire.

 

 

 

A sinistra Avial; a destra drumstick.

Aloo Gobi Kerala style

L’Aloo Gobi è uno dei piatti più amati dai turisti occidentali che si recano in India. Composto da due ingredienti principali, le patate (aloo) e i cavolfiori (gobi), è un piatto tendenzialmente asciutto, dal colore giallo dato dall’utilizzo della curcuma, a cui le numerose varianti presenti sia in India che in Pakistan, vedono l’aggiunta o meno di zenzero, piselli, pomodori e altri ingredienti. Il metodo di realizzazione che vi illustrerò riguarda la tipica ricetta del Kerala, nel sud dell’India che include infatti il pomodoro e lo zenzero insieme agli altri ingredienti di base presenti in ogni regione.

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Ingredienti per 4/6 persone:

-CIMETTE DI CAVOLFIORE (separate da un cavolfiore di medie dimensioni)

-2 PATATE MEDIE PELATE A CUBETTI

-1 CIPOLLA MEDIA A DADINI

-1 POMODORO MEDIO-GRANDE MATURO A PEZZETTI

-2 PEPERONCINI INDIANI VERDI (da modificare a seconda della tolleranza)

-10 FOGLIE DI CURRY c.a

-ALCUNE FOGLIE DI CORIANDOLO FRESCO

-PASTA DI ZENZERO E AGLIO (1cucchiaio)

-1 CUCCHIAIO E MEZZO DI CURCUMA IN POLVERE

-2 CUCCHIAI DI POLVERE DI CHICKEN MASALA

-1 CUCCHIAINO DI CHILLY ROSSO IN POLVERE (secondo la tolleranza)

-1 CUCCHIAIO DI CORIANDOLO IN POLVERE

-1 CUCCHIAINO E MEZZO DI GARAM MASALA

-1/4 DI CUCCHIAINO DI CUMINO IN POLVERE

-2 CUCCHIAI DI OLIO DI COCCO

-SALE Q.B.

-ACQUA

 

METODO DI PREPARAZIONE:

Pulire le cimette di cavolfiore immergendole in acqua calda con 1/4 di cucchiaino di curcuma per circa 5 minuti. Lavare, scolare e tenere da parte.

Scaldare 2 cucchiai di olio in una padella e soffriggere le cipolle precedentemente tagliate a dadini fino a che non diventIno traslucide. Quindi aggiungete le foglie di curry e i peperoncini verdi e soffriggere per qualche minuto.

Aggiungere  pomodori a pezzetti e soffriggere fino a cottura ultimata. Aggungere 1 cucchiaio di pasta di zenzero e aglio, 2 cucchiai di chicken masala, mezzo cucchiaino di curcuma, il chilly rosso in polvere e 1 cucchiaio di coriandolo in polvere. Fate rosolare per 2 minuti circa a fuoco lento.

Aggiungete le patate insieme al sale e mescolando, friggere fino a doratura le stesse, coprendo e alzando la fiamma a fuoco medio per circa 5/7 minuti circa.

Aggiungere a questo punto le cimette di cavolfiore e il coriandolo fresco in foglie e friggere per un minuto circa. Aggiungere mezza tazza di acqua nella padella e mescolare il tutto. Coprire e cuocere a fuoco medio per altri 10/15 minuti, mescolando di tanto in tanto. Se serve riallungare con un po’ d’acqua.

Quando i cavolfiori e le patate saranno cotti, aggiungere il garam masala e sobbollire finché il masala abbia rivestito bene tutte le verdure.

Servire con riso o pane chapati e buon appetito.

NOTE IMPORTANTI:

Non sostituire gli ingredienti con altri a piacere in caso di mancanza di uno o più di essi. Si possono aggiungere i piselli se volete arricchire il piatto, verso fine cottura per mantenerli croccanti al palato.

Il peperoncino è consigliato nelle dosi classiche, ma va limitato in caso di possibili intolleranze o prescrizioni mediche contrarie.

Per realizzare la pasta di zenzero e aglio si vada ai consigli per cucinare il Riso Biryani a questo link precedente:

https://aryadimasala.wordpress.com/2018/12/26/riso-biryani-la-ricetta/

Riso Biryani: la ricetta

Il Biryani è un piatto a base di riso basmati, tipico del territorio persiano, cucinato insieme alle spezie e ad altri ingredienti quali verdure, uova, carne o pesce. Il termine persiano beryà(n), significa, fritto o arrostito. Venne esportato dalle popolazioni musulmane nel sucontinente indiano e qui venne assorbito dalla tradizione locale fino a farlo diventare uno dei principali piatti delle feste.

Il primo passo per cucinare un qualsiasi biryani è la preparazione del riso. Vediamo di seguito la ricetta per un ottimo riso biryani di base.

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INGREDIENTI per 4 persone

-200 grammi di riso basmati (di solito si considerano max 50 gr. di riso a persona)

-2 cucchiai di olio di cocco o ghee

-2 foglie di curry fresche (4 secche)

-3/4 chiodi di garofano

-4/5 grani di pepe nero interi

-1/2  anice stellato

-1 pollice di cannella intera

-3/4 semi di cardamomo interi

-2/3 pezzi di macis (buccia di noce moscata)

-mezzo cucchiaino di cumino

-1 cucchiaino di pasta di zenzero e aglio (comprendente mezzo pollice di zenzero e 3/4 spicchi di aglio, puliti e pestati insieme in un mortaio fino a formare una pasta compatta)

-1 cucchiaio di foglie di coriandolo tagliate in modo grossolano

-1 cucchiaio di foglie di menta fresca

-18/20 fili di zafferano

-succo di mezzo lime

-sale quanto basta (q.b.)

-acqua q.b.

PER GUARNIRE:

-1 cipolla media tagliata sottile e rosolata a fiamma viva fino a estrema coloritura

-10/12 anacardi tostati in padella

-15/20 acini di uvetta passa, rinvenuti in acqua tiepida e tostati in padella

-foglie di menta e coriandolo per decorare

COME PROCEDERE NELLA PREPARAZIONE

Innanzitutto, usare come unità di misura un bicchiere da tavola o una tazza, dentro cui calcolerete il numero di bicchieri di riso utilizzati. Una tazza di riso sono circa 2 porzioni. Questo numero servirà poi al momento della cottura, a definire l’esatta quantità di acqua di cui necessita il riso basmati per la sua cottura. Ricordate che ad ogni bicchiere o tazza di riso corrisponde un bicchiere e mezzo di acqua.

Mettere a mollo il riso basmati almeno mezz’ora prima. Il riso va poi risciacquato un paio di volte, scolato e messo da parte.

Scaldate in una pentola alta (un bollitore), l’olio di cocco o il ghee, aggiungete i semi di cumino e tutte le altre spezie e soffriggete fino a percepirne la fragranza.

Aggiungete la pasta di zenzero e aglio precedentemente passata al mortaio, il coriandolo e le foglie di menta. Soffriggere fino a che non sparisce l’odore dello zenzero.

Aggiungere adesso il riso e lo zafferano, mescolare delicatamente e aggiungere l’acqua, nella proporzione corretta spiegata in precedenza. Quindi aggiungere il succo di lime e il sale. Cuocere a fiamma alta fino al raggiungimento della bollitura.

Quando le bolle sono evidenti chiudere con un coperchio ermetico e spegnere la fiamma. Lasciare riposare almeno per 10/15 minuti, fino a completamento della cottura senza fiamma.

Al momento di servire sgranare il riso con una forchetta o un forchettone. Guarnire con cipolla, anacardi e uvetta e chiudere il piatto con le foglie di coriandolo e menta.

NOTE IMPORTANTI: per assicurarsi un buon risultato uno dei segreti è quello di preparare in anticipo tutti gli ingredienti prima di iniziare a cucinare.

Altro consiglio importante è quello di non sostituire nessun ingrediente mancante con altro. Si preferisca sempre rinunciare all’ingrediente mancante piuttosto che sostituirlo con qualcosa di sbagliato che altererebbe il sapore della pietanza.

Il mortaio può essere sostituito con un minipimer per comodità.

Questo riso può essere consumato anche da solo o insieme a pietanze non necessariamente etniche, ma che grazie al biryani possono subire un arricchimento.

Ghee e Olio di Cocco

IL GHEE

Il ghee (o ghi) è un burro chiarificato usato nella cucina orientale in paesi come India, Nepal, Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka, sia a scopo alimentare che terapeutico. Anche in Italia, nelle zone montanare è molto usato ed è l’ingrediente principale della cotoletta alla milanese.  Il burro chiarificato è completamente privato sia dell’acqua che della parte proteica e del lattosio. Costituito principalmente da acidi grassi saturi e una piccola parte di grassi monoinsaturi e polinsaturi esso non è altro che materia grassa. La sua principale caratteristica è l’alto punto di fumo, simile all’olio di oliva che lo rende resistente alle alte temperature e non brucia, risultando così essere ideale anche per la frittura.

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Si sostituisce in modo eccellente sia al burro che allo strutto e il vantaggio è la possibilità di usarne per il 30% in meno. Essendo privo di lattosio può essere consumato anche dalle persone intolleranti. Si conserva in dispensa e non in frigo anche per alcuni mesi. Se si fa in casa, va conservato nei barattoli di vetro ben sigillati e al buio. Essendo privo di acqua non presenterà il rischio di formare muffe, nel caso contrario sarà il segnale della sbagliata preparazione casalinga. Viene utilizzato in numerose pietanze della cucina indiana e sopratutto nella preparazione del chapati, il tipico pane indiano privo di lievito.

Nell’Ayurveda si usa anche a scopo terapeutico, mescolato ad altre sostanze medicinali con il compito di aumentare l’assorbimento da parte dell’intestino, per favorire la digestione di sostanze vegetali, erbe o minerali fino ai tessuti.  Si dice che i suoi effetti curativi aumentino con il suo invecchiamento, conservato anche per anni. Si trova facilmente in commercio nei negozi specifici ed etnici.

Come preparare il ghee in casa

Il primo consiglio è quello di utilizzare solo burro biologico per evitare la presenza di eventuali residui di pesticidi. Il secondo è di fare attenzione che il burro non bruci, quindi seguite la sua preparazione con estrema attenzione.

Procuratevi 500 gr. di burro semplice, non salato, preferibilmente biologico. Scaldatelo a temperatura media in una pentola con il fondo pesante mescolando spesso. Quando comincerà a bollire noterete che sfrigolerà e schiumerà e si formeranno dei coaguli bianchi. Dopo circa 15/20 minuti di cottura diventerà di una tonalità chiara e dorata. Questo è il momento di toglierlo dal fuoco per evitare che bruci. Versatelo in un contenitore di vetro, filtrando con un colino di metallo. Conservatelo a temperatura ambiente, preferibilmente al buio. Al momento dell’utilizzo prelevare con un cucchiaino pulito lo stretto necessario.

 

OLIO DI COCCO

Le popolazioni tropicali conoscono l’olio di cocco come un grande alleato della bellezza. Si ottiene dalla polpa essiccata della noce di cocco ed è un prodotto ricco sostanze preziose, ma ancora poco usato nelle cucine di tutto il mondo. Il 90% del suo contenuto è dato da acidi grassi saturi, principalmente l’acido laurico, presente anche nel latte materno, infatti l’olio di cocco è spesso consigliato come alimento per i neonati sottopeso e prematuri perché facilmente assimilabile.

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Circolano sul mercato principalmente due tipi diversi di olio di cocco.

Il primo è un olio puro, vergine, che non ha subito nessuna particolare raffinazione industriale e mantiene profumo e sapore del cocco, così come le sue proprietà antiossidanti. Questo olio di cocco puro è ricavato dalla copra (polpa essiccata) e risulta più adatto ad uso cosmetico, per massaggi e usi medicinali.

Il secondo tipo è un olio di cocco raffinato, lavorato con processi meccanici e chimici in conseguenza dei quali perde parte del suo odore e colore, alcune componenti proteiche ma non gli acidi grassi e quindi la sue proprietà antivirali.

Come il ghee, non va conservato in frigo e si presenta in forma solida, tornando in forma liquida intorno a 25° di temperatura. Come abbiamo detto ha proprietà antivirali, ma anche antibatteriche antifungine e antimicrobiche. Contribuisce a combattere malattie come influenza, herpes, gonorrea e candida, manifestando una discreta efficacia anche contro acne, eczemi e psoriasi, protegge da attacchi batterici e funghi creando una barriera contro l’assorbimento di sostanze tossiche, essendo la sostanza con più acido laurico al mondo. Consumato regolarmente (2 cucchiai al giorno), aiuta a controllare il peso ed eliminare il grasso addominale per chi segue diete dimagranti. Ricco di vitamina E, se applicato sul corpo dopo il bagno rende morbida la pelle, idrata e protegge anche le parti più esposte come le mani. Applicato sui capelli, aiuta a renderli morbidi, lucidi e aiuta i capelli danneggiati e la ricrescita. Facilita l’assorbimento di calcio e magnesio, fa bene alle ossa e aiuta la prevenzione delle carie dentali.

In cucina è facilmente digeribile, favorisce il funzionamento della tiroide e del sistema endocrino e velocizza il metabolismo. Eleva il livello del colesterolo buono e riduce quello cattivo. Aiuta a prevenire le malattie del fegato, lo zucchero nel sangue, la formazione di calcoli e migliora la secrezione di insulina.

Quando viene usato, va stemperato con delicatezza, facendolo tornare allo stadio liquido, per poi essere cucinato anche ad elevate temperature e anche fritto. Può anche essere usato come aggiunta ad altri cibi come il caffè, il té o un frullato, latte o yogurt per testare sopratutto l’efficacia delle sua proprietà metaboliche.

 

Il Pepe: l’oro nero

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Il pepe considerato il re delle spezie, detto anche oro nero, è sempre stato molto ricercato e usato come merce di scambio. Presente fin dall’antichità nella cucina indiana, è originario nelle foreste del Ghati occhidentale, nell’India sud-ovest nei territori del Malabar, l’attuale Kerala (la terra del pepe) e fu una delle motivazioni per cui gli antichi esploratori diedero vita alla Compagnie delle Indie, riconoscendo nella spezia le qualità che ne hanno tracciato la sua storia rivoluzionaria nel mondo della cucina. L’india produce attualmente circa il 50% del pepe di tutto il mondo e Cochin, la città in cui vivevo, ospita la Borsa delle Spezie e quota ogni giorno il prezzo del pepe.

La pianta è un rampicante che produce bacche a grappolo di colore rosso a piena maturazione. Dagli stessi frutti con diversi procedimenti si ottengono le tre diverse qualità di pepe in commercio: il pepe nero, il pepe bianco e il pepe verde.

Il pepe nero si ottiene dalla bacca non matura, sbollentata e lasciata essiccare al sole per una decina di giorni, durante i quali i frutti si disidratano, si scuriscono  e assumono il tipico aspetto rugoso con il quale è conosciuto nelle cucine di tutto il mondo. Agisce principalmente sulla punta della lingua stuzzicando il palato.                  Il pepe bianco si ottiene dal solo seme della pianta, tenendo a bagno il frutto per circa una settimana in modo tale che la polpa di decomponga e possa essere facilmente eliminata. Il pepe verde, così come il nero si ottiene dalle bacche non mature ma trattate con diossido di zolfo per mantenere le caratteristiche cromatiche del verde del frutto. Il pepe rosa invece erroneamente si defìnisce pepe, ma è frutto di un’altra pianta, che nasce principalmente in Perù, con un sapore vagamente simile al pepe, usata sopratutto come elemento decorativo a chiusura dei piatti.

 

 

Il pepe è uno dei rimedi della medicina ayurvedica e la piperina, l’alcaloide contenuto nel pepe è utilizzata per favorire la digestione e stimolare il metabolismo. Sotto forma di infuso aiuta a curare sinusite e  raffreddore e l’olio nei massaggi è un ottimo antiinfiammatorio e rilassante. Usato nel bagno stimola la sudorazione e depura l’organismo. In caso di contusioni è un buon rimedio naturale per togliere gonfiore e alleggerire il dolore insieme ad impacchi freddi.

Irritante per le mucose è sconsigliato in caso di gastrite, ulcera ed emorroidi, anche se è considerato un ottimo aiuto in caso di diete dimagranti, poichè stimolante della termogenesi (produzione di calore del tessuto adiposo), quindi risulta essere un valido alleato contro l’obesità. Annoverato tra i cibi afrodisiaci, questa spezia è anche un antidepressivo. La piperina infatti stimola la produzione di endorfine nel cervello.

Curiosità: un cucchiaio di miele e pepe aiuta ad alleviare la tosse.

Le Spezie: caratteristiche e proprietà. Dall’Ayurveda alla cucina.

Le spezie sono la celebrazione assoluta della cucina indiana. Ne sono pervase le strade, i bazar, le case e il loro profumo è inconfondibile come un marchio a fuoco sulla pelle per chi ha viaggiato sul suolo indiano. La storia ci insegna come i grandi conquistatori abbiano cercato insieme all’oro anche spezie come il pepe nero, al quale attribuivano quasi la stessa importanza. Quasi tutte le spezie indiane sono autoctone, ma alcune sono state importate dagli stranieri e gli indiani le hanno adottate e fatte loro.

Oltre alla cucina, le spezie vengono utilizzate nella medicina Ayurvedica, antichissima pratica vecchia di 5000 anni e ancora oggi usata al pari,  se non addirittura di più,  della medicina occidentale, con medici e ospedali presenti su tutto il territorio.

“L’Ayurveda,  (in sanscrito: आयुर्वेद),  è una parola composta da ayur, durata della vita o longevità, e veda conoscenza rivelata. Molti traducono erroneamente l’ayurveda come scienza della vita. In realtà è un sistema medico molto vasto e complesso comprendente aspetti di prevenzione, oltre che di cura, che permetterebbero, se applicati rigorosamente, di vivere più a lungo e di migliorare la propria salute e rispettare il proprio corpo. L’ayurveda si occupa sotto tutti i punti di vista del benessere delle persone, nel loro aspetto fisico, psichico e spirituale e si occupa delle patologie tanto quanto dello stato di salute normale. Lo scopo è quello di aiutare le persone malate a curarsi e le persone sane a mantenere il proprio benessere e prevenire le malattie. In generale i principi medicinali utilizzati sono mineralimetalli purificati e combinati con acidi fulvici ed erbe, in forma di polveri, pastiglie, infusi, ecc. La maggior parte è di natura fitoterapica, come l’Amalaki (Emblica officinalis), il Trikatu, un composto di tre erbe, zenzeropepe e pippali (Piper longum), Haridra (Curcuma sp.), Brahmi (Bacopa monnieri), Tulasi (Ocimum sanctum), Erand (Ricinus communis), Guduchi (Tinospora cordifolia), Kumari (Aloe sp.), Gokshur (Tribulus terrestris). Ogni medicinale ha una specifica modalità di utilizzo, perché agisca alla sua massima efficacia. “(cit. Wikipedia)

Le spezie hanno quindi molte proprietà benefiche ed aggiungono sapore e unicità ad ogni piatto della tradizione gastronomica indiana. Aiutano la digestione, regolarizzano l’equilibrio intestinale, aiutano la produzione della flora batterica e la formazioni degli enzimi positivi, ovvero gli enzimi cardiaci e hanno anche proprietà antiossidanti.

Affronteremo con brevi schede ogni spezia che utilizzeremo nella preparazione delle nostre pietanze, in modo tale da spiegarne volta per volta le caratteristiche e le proprietà di ciascuna di esse. 800px-Dhanvantari-at-Ayurveda-expo

Dhanvantari, il dio dell’Ayurveda

Di HPNadig – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12401996

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